A Milano e in gran parte della Pianura Padana la qualità dell’aria ha raggiunto nelle ultime settimane livelli da record, superando in alcuni frangenti quelli delle metropoli più inquinate del mondo e i limiti di legge in diverse province. A cosa è dovuto questo fenomeno?
Le cause dell’inquinamento
L’inquinamento atmosferico è un problema che affligge da tempo la Pianura Padana, una delle zone più densamente popolate e industrializzate d’Europa. La conformazione geografica e climatica della regione, circondata per tre quarti dalle Alpi e dagli Appennini e con scarsa ventilazione, favorisce il ristagno degli inquinanti nell’aria. I cambiamenti climatici, come riportano gli studiosi, non hanno affatto semplificato le cose: gli anticicloni degli ultimi tempi impediscono la circolazione dell'aria nel Vecchio Continente, soprattutto al sud, creando una stabilità atmosferica che imprigiona gli agenti nocivi.
A questo si aggiungono le emissioni provenienti da diverse fonti, tra cui il riscaldamento domestico, gli allevamenti intensivi, i trasporti e le attività produttive. Secondo i dati di Greenpeace e ISPRA, il 54% delle polveri sottili (PM10 e PM2.5) che respiriamo in Lombardia è dovuto al riscaldamento e agli allevamenti intensivi, mentre il 22% è attribuibile ai trasporti, che a livello locale, in una città come Milano, arrivano a coprire quasi la metà del totale.
Il risultato è che Milano, il 19 febbraio, è stata per qualche ora la città più inquinata del mondo, secondo l’analisi del sito svizzero IQAir, che misura la qualità dell’aria in base a un indice che tiene conto di vari parametri. Il livello di PM2.5, il particolato più piccolo e più insidioso per la salute, è stato 22.3 volte superiore al valore guida dato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. La gravità della situazione è stata anche evidenziata dalle immagini dei satelliti dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa), che mostrano una fitta coltre di smog che avviluppa la città.
Misure temporanee per nove province
In Lombardia sono state varate una serie di misure antismog temporanee nelle province di Milano, Monza, Como, Bergamo, Brescia, Mantova, Cremona, Lodi e Pavia, che per il quarto giorno consecutivo hanno superato i valori di PM10. Le misure prevedono, tra le altre cose, il divieto di tenere le temperature superiori a 19°C nelle abitazioni e negli esercizi commerciali, di combustioni e accensione di fuochi all'aperto, di utilizzare generatori a legna per il riscaldamento domestico (di classe emissiva fino a 3 stelle), di spandere gli effluenti di allevamento, acque reflue, fertilizzanti e simili.
Sono previste anche limitazioni alla circolazione per i veicoli più inquinanti (Euro 0, 1, 2, 3 e 4 a gasolio) nei comuni con più di 30mila abitanti, tutti i giorni dalle 7.30 alle 19.30. Stessa cosa per i veicoli Euro 4 diesel commerciali e gli Euro 0 e 1 a GPL e metano.
Il problema va risolto alla radice
Per sanare la piaga dell'inquinamento atmosferico in una regione "delicata" come la Lombardia, però, non bastano le sole misure temporanee. Risulta sempre più evidente la necessità di un intervento diretto sulle fonti di emissione, riducendo il consumo di combustibili fossili a favore di fonti di energia rinnovabile e pulita. Ma anche un impulso ulteriore alla mobilità sostenibile con limitazioni al traffico privato, soprattutto nelle aree più critiche, un ripensamento del sistema alimentare e agricolo, con la riduzione (perché non abolizione?) degli allevamenti intensivi, una chimera in un Paese che ha di recente vietato la produzione e il commercio della carne coltivata in laboratorio. Senza trascurare le misure di mitigazione, come il potenziamento delle aree verdi, la creazione di barriere naturali e artificiali e l’installazione di sistemi di filtraggio e depurazione dell’aria.
Soluzioni non semplici, né immediate. Senza un massiccio intervento corale di istituzioni, imprese, associazioni e cittadini stessi, risulta però difficile ad oggi intravedere un futuro più verde per la regione. Anzi, per l'intero pianeta.