La pianura che circonda Segovia, cittadina UNESCO alle porte di Madrid, si staglia come un mare dorato di campi di grano, punteggiato qua e là da querce solitarie e antichi ovili. È una terra di contrasti, arida e luminosa d’estate, verde in primavera, sobria e composta in inverno, come le pietre della città che la guarda dall'alto. Ma soprattutto, lambita dal sole quasi tutto l'anno. Non è per questo raro imbattersi in vaste distese di pannelli fotovoltaici che si sbracciano per raccogliere i raggi e trasformarli in elettricità.
Una di queste porta l'insegna dell'operatore tedesco Ib Vogt ed è stata abilitata da Apple all'interno di un programma che guarda a un pezzo spesso dimenticato dell’impronta climatica: l’elettricità che usiamo noi utenti, a casa, per alimentare e ricaricare i nostri dispositivi. Che non è sempre pulita.
La scena è chiara, con file ordinate di moduli e inverter che "impacchettano" corrente per la rete, ma la domanda che la accompagna meno: perché un parco solare disperso nella regione di Castilla y Léon, in Spagna, dovrebbe riguardare il nostro iPhone o Mac?
Nell'ultimo report di sostenibilità, sulla rotta verso l'ambizioso obiettivo della completa carbon neutrality entro il 2030, Apple indica un taglio delle emissioni lorde di circa il 60% rispetto al 2015, per un totale di 15,3 milioni di tonnellate di CO₂ equivalente nel 2024. Ma una parte rilevante dell'impronta è proprio legata all'uso dei suoi prodotti da parte dei consumatori, che lo scorso hanno ha rappresentato il 29% delle sue emissioni complessive.
Compensare l'uso dei prodotti
Aggiungere elettricità rinnovabile al mix nelle aree dove i dispositivi sono usati, spostando una quota della domanda lontano da gas e carbone, è per Apple una via possibile per compensare quelle emissioni. Il meccanismo alla base prende il nome di "matching energetico": l’azienda mette in rete, su base annua, una quantità equivalente di elettricità pulita generata da impianti nuovi, contrattualizzati con accordi pluriennali. Più che una formula magica fine a se stessa, è un modo tangibile per rendere più verde l’offerta del sistema elettrico nelle stesse grandi aree in cui i prodotti sono usati per la maggiore (con un vincolo esplicito a favore di Stati Uniti, Europa e Asia-Pacifico). Per capire quanta energia serve abbinare non si guardano (per ovvi motivi) le prese di casa, ma si usano modelli d’uso aggregati, una vita utile media dei dispositivi (per iPhone si presumono circa tre anni nelle analisi LCA) e le differenze tra i mix elettrici regionali.
E per non scivolare nella retorica, è importante chiarire in primis cosa non sia questo programma: non una neutralità “comprata” a colpi di crediti di carbonio sulla fase d’uso (i crediti, quando impiegati, restano su altri perimetri, come corporate e residui specifici, e sono dichiarati a parte), ma un'aggiunta reale di produzione rinnovabile al sistema, cosicché una quota di gas o carbone venga materialmente sostituita nelle ore in cui la rete domanda potenza. È quindi più che altro una riduzione strutturale delle emissioni del sistema elettrico.

Il parco Castaño Solar
Il parco fotovoltaico Castaño Solar, che abbiamo avuto l'opportunità di visitare, è esattamente il tipo di impianto che quel metodo rende necessario, basato su capacità nuova, misurabile e allocata nelle stesse aree in cui i prodotti sono usati per la maggiore.
Parliamo di 131,4 megawatt di capacità totale dislocati su 175 ettari di terreno (come fossero 328 campi da football americani), 231mila moduli bifacciali con una produzione attesa nell’ordine dei 266,7 gigawattora l’anno, l’equivalente del fabbisogno elettrico di circa 76.500 famiglie spagnole. Al cantiere hanno lavorato oltre seicento persone, più di quaranta imprese locali in filiera. A regime, l’impianto convive con il territorio attraverso il pascolo controllato (di oltre 3.000 capi), corridoi ecologici e un programma con la Fundación Patrimonio Natural che tutela 167 ettari a favore delle specie di steppa, con interventi di educazione ambientale e recupero faunistico. È la dimostrazione che l'infrastruttura, se ben progettata, diventa anche gestione virtuosa dell'ecosistema e valore economico diffuso.
Un grande puzzle europeo che riguarda anche l'Italia
L'impianto di Segovia è però un tassello di un mosaico ben più ampio: Apple ha appena annunciato l’ampliamento del portafoglio europeo con progetti eolici e solari in Italia, Grecia Lettonia, Polonia (una delle reti più emissive del Vecchio Continente) e Romania, oltre alla Spagna già operativa. Si tratta di impianti che aggiungeranno 650 MW di capacità rinnovabile alle reti europee nei prossimi anni, generando oltre 1 milione di megawattora di elettricità pulita entro il 2030 e sbloccando più di 600 milioni di dollari in finanziamenti. Puntando la lente sul progetto che ci riguarda da vicino, quello italiano appunto, scopriamo che l'impianto solare in licenza a Apple sarà operativo già da questo mese in Sicilia e che sarà affiancato prossimamente anche da un parco eolico per una capacità complessiva di 129 MW.
Due chiacchiere con Lisa Jackson
L’obiettivo dichiarato, però, non cambia: entro cinque anni, tutta l’energia necessaria a caricare iPhone o alimentare un Mac sarà abbinata a elettricità pulita.
"Da anni rendicontiamo pubblicamente la nostra impronta perché il progresso sia misurabile", ha raccontato a Typo Media Lisa Jackson, Vice President of Environment, Policy and Social Initiatives di Apple. "Abbiamo già ridotto di oltre il 60% le emissioni rispetto al 2015 e l’obiettivo resta quello di arrivare a -75% entro il 2030. La parte più impegnativa ora è doppia: accelerare il passaggio dei nostri fornitori a rinnovabili - siamo a 17,8 GW già procurati e in funzione - e abbinare con energia pulita l’elettricità che i clienti usano per ricaricare e alimentare i prodotti, insieme a efficienza, strumenti per orientare i consumi e advocacy regolatoria. È così che trasformiamo gli impegni in rete reale e tonnellate di CO₂ evitate, mettendo i numeri, e i limiti, nero su bianco ogni anno".
Mentre alcuni competitor, con Microsoft in testa, stanno inserendo nel mix forniture “firm” a basse emissioni (cioè energia continua e programmabile, come il nucleare da fissione e, in prospettiva, la fusione) per coprire il fabbisogno ora per ora nel modello 24/7, Apple sceglie una rotta diversa.
"La nostra priorità restano eolico e solare", ha commentato Lisa Jackson. "Sono le tecnologie su cui investiamo dal 2012 e che sappiamo far funzionare, dall’impostazione dei PPA al lavoro con gli sviluppatori per portare nuova capacità in rete. Non escludiamo che il mix possa evolvere, ma oggi siamo a nostro agio qui: puntiamo su progetti addizionali che abbiano impatto reale sulle reti in cui i nostri prodotti vengono usati".
Una strategia radicata nella realtà
Il “matching” dei gigawattora è solo uno dei quattro pilastri su cui si fonda la strategia di Apple per mitigare le emissioni legate all'uso dei prodotti, accanto all’efficienza di questi ultimi, al coinvolgimento diretto degli utenti e alla spinta politica su regole e infrastrutture. In pratica, Cupertino sta provando a ridurre l’impronta non solo con nuovi impianti, ma anche dando strumenti pratici alle persone per contribuire nel loro piccolo. Il Clean Energy Charging che sposta la ricarica dell’iPhone nelle ore più verdi, il Grid Forecast che mostra in tempo reale quando la rete è più pulita, la collaborazione con le utility americane sono tasselli dello stesso esperimento, in cui la tecnologia fa anche da leva culturale.
Sarà un approccio meno notiziabile di un annuncio sulla fusione nucleare, ma più radicato nella realtà, fatto di dispositivi più efficienti, scelte d’uso più consapevoli, investimenti dove il carbonio pesa di più e pressioni sui governi perché rimuovano gli ostacoli.
Tutto, dai pannelli di Segovia agli algoritmi che suggeriscono quando caricare un iPhone, risponde alla stessa logica: ridurre le emissioni mentre si usa energia, e non soltanto dopo. Forse il vero salto culturale è intendere la neutralità come processo che si misura ogni ora, su ogni rete, dietro ogni presa accesa. E non si può dire che Apple non lo faccia.