Per una ricarica completa di un telefono di ultima generazione, non necessariamente costoso, bastano ormai meno di venti minuti. È questo uno dei messaggi più chiari che ci arrivano dalla presentazione del nuovo F6 Pro, lo smartphone appena lanciato da Poco che fa notizia (anche) per la velocità con cui il suo sistema HyperCharge è in grado di riportare al 100% una batteria completamente scarica: 19 minuti, secondo più, secondo meno.
Insomma, nel tempo di una colazione al bar o di una passeggiata col cane, l’ultimo portacolori del brand nato da una costola di Xiaomi è in grado di fare un pieno completo di energia. Un aspetto tutt’altro che banale, visto che solo cinque anni fa il tempo medio di ricarica era di oltre un’ora, e che suonerà senz’altro gradito a tutta quella frangia di utenti, giovani e meno giovani, che utilizza il proprio telefono per far girare applicazioni energivore. I giochi, tanto per cominciare.
Il nuovo Poco F6 Pro, va detto, non è l’unico telefono a vantare prestazioni così spinte sul piano della ricarica. In commercio, almeno limitatamente al mondo Android, esistono altri prodotti con prestazioni simili. La notizia forse più interessante sta però nel costo sempre più accessibile di un dispositivo del genere. Se il Poco F4 GT, il primo dispositivo della casa a utilizzare il sistema HyperCharge da 120W aveva prezzi a partire da 600 euro, oggi il nuovo Poco F6 Pro arriva sul mercato con versioni entry-level al di sotto dei 500 euro, segno di un certo grado di maturità di una tecnologia.
Già, ma quanto matura? I sistemi di ricarica hanno raggiunto il loro limite fisiologico o siamo solo all’inizio di una corsa esasperata che porterà i nostri preziosi alleati digitali a ricaricarsi in pochi, pochissimi minuti, se non addirittura secondi?
"Oggi siamo in grado di offrire un prodotto che si ricarica al 100% in meno di 20 minuti, il che, per noi, è sufficiente per offrire un'esperienza gratificante nel suo complesso", ci spiega Angus Kai Ho Ng, Head of Product Marketing Global di Poco. "Possiamo spingerci oltre? Certo, in commercio abbia già visto prodotti con alimentatori da 200 o 240 watt. Ma come si può vedere dai numeri, l’incremento è davvero minimo, parliamo di tre o quattro minuti in meno a fronte di tecnologie e infrastrutture più costose. Abbiamo pensato che non ne valesse la pena".
Velocità, ma attenzione allo stress
Il rapporto costi-benefici non è l’unico deterrente a un incremento incondizionato delle potenze di ricarica. A suggerire prudenza c’è anche il tema del deterioramento delle batterie. La ricarica rapida, come noto, tende a generare più calore rispetto alla ricarica standard, un aspetto che alla lunga può danneggiare la struttura interna della batteria agli ioni di litio, riducendo la sua capacità e la sua durata complessiva.
La temperatura elevata infatti può causare la decomposizione degli elettroliti, la formazione di dendriti (piccole strutture di litio metallico che possono cortocircuitare la batteria) e l'aumento della resistenza interna della batteria. Durante la ricarica rapida, inoltre, aumenta anche la velocità delle reazioni chimiche all'interno della batteria, il che può portare a una maggiore usura dei materiali attivi negli elettrodi.
Lo stesso responsabile della comunicazione di Xiaomi - Daniel Desjarlais – aveva chiosato qualche tempo fa sui possibili effetti collaterali generati dalla ricarica rapida, parlando di una "perdita di capacità delle batterie intorno al 20% dopo 800 cicli di ricarica". È questo il motivo che ha spinto la società cinese a utilizzare in molti casi una batteria a doppia cella (suddividere la ricarica in due flussi paralleli consente di abbassare la tensione e aumentare l'amperaggio per superare le limitazioni di tensione convenzionali) corredata da sistemi di monitoraggio in tempo reale delle temperature.
"È vero", gli fa eco Angus Kai Ho Ng, "c'è grande preoccupazione sul fatto che i sistemi di ricarica rapida possano danneggiare la batteria. In fin dei conti, è così che funziona la natura della ricarica e della batteria, non solo sugli smartphone, ma su tutti i dispositivi, pensiamo alle automobili o ai computer portatili. Sul nuovo Poco F6 Pro siamo riusciti a sfruttare una batteria a singola cella grazie a un lavoro di ottimizzazione sul software. Ciò ci ha consentito di arrivare a 19 minuti, una soglia che pensiamo sia sufficiente".
Parallelamente, va preso atto della scelta di abbandonare la ricarica a induzione, almeno su questo genere di dispositivo. Una scelta, ci spiega il responsabile di Poco, che è figlia di due motivazioni di fondo. La prima riguarda la sostanziale inutilità di un secondo sistema di ricarica su un prodotto così performante: "Pensiamo che riportare un dispositivo al 100% in meno di 20 minuti sia di per sé sufficiente a garantire un'esperienza ottimale di ricarica".
La seconda attiene invece a un beneficio in termini di riduzione dei componenti: "Rimuovendo il pad di ricarica wireless siamo riusciti a ridurre il peso complessivo del dispositivo e questo ci ha permesso di dare più spazio al design, rendendo più eleganti il retro in vetro e i lati del dispositivo".
Cosa dobbiamo aspettarci
Ma quindi, ci dobbiamo preparare all'arrivo a breve di una nuova progenie di smartphone capaci di ricaricarsi in 5 minuti o meno? "Non ne sono sicuro", conclude Angus. "Molto dipenderà dai trend del settore e da come la tecnologia potrà spingersi oltre. Speriamo di poter portare questi benefici a segmenti ancora più bassi della nostra produzione, ma è una cosa che probabilmente faremo più lentamente".
Come dire, la corsa ai sistemi di ricarica ultra-rapida dipenderà (anche) dalle indicazioni che arriveranno dal mercato: se gli utenti premieranno i dispositivi più performanti, lo sviluppo di queste tecnologie sarà sempre più incalzante ed estremo. Altrimenti sarà più facile immaginare un percorso che privilegerà la diffusione e l'ottimizzazione alle pure doti velocistiche.
Nel mezzo ci sarà sicuramente spazio per capire quali sviluppi arriveranno dalla ricerca sui nuovi elettroliti e quale sarà il ruolo degli organismi di settore nel favorire o addirittura vincolare un certo tipo di evoluzione all'adozione di standard aperti.
Sia l'USB-IF - l'organizzazione che mantiene lo standard USB - sia Qualcomm hanno cercato, per il momento senza successo, di promuovere standard di ricarica comuni per i telefoni (USB-PD e QC) per far sì che tutti i dispositivi si ricarichino in modo paritario attraverso caricabatterie e cavi standard. Ad oggi, infatti, gli smartphone con ricarica rapida come l'F6 Pro garantiscono le prestazioni dichiarate solo attraverso l'alimentatore e il cavo in dotazione.
L'impressione, comunque vada, è che questo sia solo l'inizio. La ricerca sulle batterie e sui sistemi di ricarica è un tema prioritario - forse "il" tema - nell'agenda di sempre più aziende. E non solo nel campo dell'elettronica di consumo.