L'AI che progetta nuove proteine: nei test le cellule “ringiovaniscono” molto più in fretta

Un modello di OpenAI ha creato proteine su misura che, in laboratorio, fanno crescere di oltre cinquanta volte i segnali di ringiovanimento cellulare, anticipandoli

di Redazione - 23/09/2025 11:23

Per una volta l’iperbole tech regge ai dati: un modello di OpenAI, allenato anche su dati biologici, ha suggerito nuove versioni di due proteine chiave usate per “ringiovanire” le cellule umane. Nei test in provetta, questi nuovi ingredienti hanno fatto aumentare di oltre 50 volte gli indicatori che segnalano il ritorno delle cellule a uno stato più giovane. In pratica, i “semafori” biologici che misurano la riprogrammazione si accendono molto di più e molto prima. La collaborazione tra l’azienda creatrice di ChatGPT e la biotech Retro Biosciences ha infatti portato a sequenze proteiche inedite - chiamate RetroSOX e RetroKLF - che superano nettamente le versioni naturali. Il risultato è stato confermato su più donatori e tipi cellulari, con metodi di consegna diversi, mantenendo sia la capacità di trasformarsi in molti tipi di cellula (pluripotenza) sia un DNA stabile e privo di anomalie evidenti.

I fattori di Yamanaka

Il cuore tecnico è GPT-4b micro: non un chatbot, ma un “fratello minore” di GPT-4o specializzato nell’ingegneria delle proteine. OpenAI lo ha avviato da una versione ridotta del suo modello multimodale e poi lo ha riaddestrato su sequenze di amminoacidi, testi biologici e rappresentazioni semplificate delle strutture tridimensionali. I dati sono stati arricchiti con informazioni su parentele ed effetti funzionali delle proteine, così il modello può essere guidato con un prompt per generare varianti con proprietà specifiche. Gestisce bene anche le regioni senza una forma stabile — tratti flessibili tipici di proteine regolatorie come SOX2 e KLF4 — che interagiscono in modo transitorio con molte altre molecole. In fase di utilizzo sono state impiegate istruzioni molto lunghe (fino a 64.000 token), un’estensione insolita per modelli sulle proteine che aiuta a controllare meglio l’output.

Il banco di prova è un classico della medicina rigenerativa: i quattro fattori OSKM (OCT4, SOX2, KLF4, MYC) che valsero a Shinya Yamanaka il Nobel. Il loro limite storico è l’efficienza: di solito si riprogramma meno dello 0,1% delle cellule e servono settimane. Qui, le varianti proposte dall’IA hanno accelerato l’arrivo dei segnali precoci (SSEA-4) e di quelli più maturi (TRA-1-60 e NANOG), con tassi di successo nello screening vicini al 50% e modifiche profonde nelle sequenze (spesso oltre il 30% degli amminoacidi). Anche le colonie che risultano positive alla fosfatasi alcalina - un enzima tipico delle staminali - sono più numerose e più intense: è un riscontro visivo e affidabile della maggiore efficienza di riprogrammazione.

L'AI in potenza

C’è di più: dopo uno stress al DNA indotto con doxorubicina (farmaco usato qui come “test” di danneggiamento controllato), le cellule trattate con RetroSOX/RetroKLF mostrano un calo marcato del segnale γ-H2AX, la spia che si accende quando il DNA presenta rotture. In altre parole, queste varianti favoriscono una riparazione più efficace, toccando uno dei segni caratteristici dell’invecchiamento cellulare. È un risultato ancora preclinico, ma indica che la riprogrammazione assistita dall’IA può potenzialmente non solo velocizzare la produzione di iPSC (cellule staminali pluripotenti indotte), ma anche aprire a protocolli di ringiovanimento più sicuri.

Se Retro Biosciences corre sulla longevità, il messaggio dietro a questo traguardo va oltre il singolo progetto: quando i modelli linguistici diventano modelli “di proteina”, ricchi di contesto biologico utile, i cicli di progettazione e test si comprimono da anni a giorni.