In giapponese vengono definiti "muon-sedai", membri di una generazione silenziosa. Sono i giovani nipponici di fascia d'età tra i venti e i trent'anni, scossi da una nuova forma fobica: parlare al telefono.
Un'abitudine che provocherebbe ansia e tensione nel 70% dei giovani , come dimostra un sondaggio dell’Istituto Sofutsu di Tokyo realizzato su un campione di 560 persone. Soprattutto nel caso delle chiamate di lavoro.
Il silenzio come forma di rispetto
Ma a cosa si deve questa fobia? La cultura giapponese elegge il silenzio a virtù riconducibile al rispetto e alla fiducia, come fosse una forma d'arte e un modo molto più profondo e introspettivo di comunicare. Una tendenza palpabile anche nei luoghi pubblici del Sol Levante, soprattutto sui mezzi di trasporto, dove regna un silenzio rispettoso della quiete altrui. Per i giovani nipponici, le chiamate telefoniche infrangerebbero questa profonda forma di tutela della privacy, soprattutto sui luoghi di lavoro, dove la comunicazione può avvenire in modo più decoroso e altrettanto efficace via e-mail.
Ad alimentare la diffidenza verso le conversazioni telefoniche ci sarebbe anche il timore di non rispondere correttamente alle domande, di trasferire in modo opportuno la chiamata e di informare i propri superiori su quanto emerso. Ma anche il rischio di perdere la concentrazione allo squillare del telefono.
Quanto incide la tecnologia?
A gravare sulla tolleranza dei giovani giapponesi verso le chiamate telefoniche sarebbe anche l'uso intensivo dei social media e delle app di messaggistica, che asseconderebbero la predilezione per la comunicazione scritta con emoji, adesivi e abbreviazioni. Questa tendenza potrebbe avere delle ripercussioni sulle relazioni sociali e professionali dei giovani giapponesi, che a lungo tendere potrebbero perdere del tutto l’abitudine e la capacità di comunicare a voce con il prossimo. Per questo, alcuni esperti suggeriscono di incoraggiare i giovani a usare il telefono in modo equilibrato, alternando le chiamate vocali ai messaggi scritti, e di educarli al galateo telefonico, per evitare situazioni di imbarazzo o di maleducazione.