Aggiornamento del 19 settembre 2024
La casa di Cupertino ha silentemente inserito l'italiano e il tedesco tra le lingue che Apple Intelligence supporterà nel 2025. Si tratta di un passo importante, seppure non ci sia alcuna garanzia che tale apertura sarà anche geografica, per le suddette motivazioni legislative.
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L'evento Apple del 9 settembre ha dato un volto definitivo al nuovo iPhone 16 e a tutti gli altri prodotti della line-up 2024-25 (fra cui il nuovo Apple Watch 10 e i nuovi AirPods) ma non ha dato ancora certezze sull’arrivo in Europa, e dunque in Italia, di Apple Intelligence, il sistema di intelligenza artificiale presentato a Cupertino la scorsa primavera che promette di rivoluzionare tutta l’esperienza d’uso dei dispositivi della Mela.
I motivi? Perlopiù di carattere normativo. L’Europa da qualche tempo sta cercando di delimitare i confini dello sviluppo digitale per tutelare la privacy degli utenti ma anche i principi di equità e concorrenzialità del mercato. Un aspetto che pone dei limiti, in molti casi piuttosto restrittivi, alle strategie di sviluppo delle grandi aziende tech, Apple compresa.
Cos'è Apple Intelligence
Prima di addentrarci nelle problematiche legate al suo debutto europeo, vale la pena definire brevemente cos’è esattamente Apple Intelligence. Il termine si riferisce alla piattaforma di intelligenza artificiale destinata ai prodotti dell'ecosistema Apple: gli iPhone, quindi, ma anche i Mac, gli iPad e gli Apple Watch. In che modo? Automatizzando funzioni quotidiane – si potrà ad esempio sintetizzare una mail, controllarne la correttezza lessicale, trasformare in testo le registrazioni vocali – generando immagini ed emoji partendo da un testo o da un contesto, eliminando oggetti con un clic e ancora interagendo con Siri per avere risposte sempre più precise e aderenti al contesto o all’applicazione.
Apple Intelligence si fonda su una serie di elementi hardware e software che costituiscono le fondamenta della strategia di Cupertino nel settore più fulgido dell’informatica moderna. Da un lato ci sono gli algoritmi, una serie di modelli proprietari che rappresentano un po’ la palestra per allenare i sistemi che hanno il compito di comprendere il linguaggio, generare testi, immagini e molto altro. Dall’altro c’è il substrato computazionale necessario per far funzionare il tutto, una potenza che Cupertino ha distribuito in parte sui dispositivi e in parte su un cloud proprietario. La necessità di ricorrere a due motori computazionali, uno in locale e uno sui server proprietari, si spiega con il fatto che per alcune richieste (le più complesse) servono tanti “cavalli” per generare risposte soddisfacenti. E in tempi brevi. Quando il gioco si farà duro, insomma, i chip contenuti nei dispositivi Apple dovranno chiedere aiuto a motori computazionali situati fuori dai dispositivi. Il tutto, assicura Apple, in modo sicuro e totalmente privato.
In realtà, c’è un terzo elemento che concorre a definire il nuovo sistema di intelligenza artificiale della Mela ed è ChatGPT. Già, il motore di intelligenza di OpenAi, forse il più conosciuto al mondo in questo momento, sarà utilizzabile dagli utenti Apple quando le richieste esuleranno dalla sfera personale e – questa è la novità più consistente – in modo totalmente integrato. Significa che non sarà necessario accedere al servizio via Web o app, le funzioni saranno praticamente annegate nei dispositivi Apple. Ciò è reso possibile dalla natura della piattaforma di Apple che è sostanzialmente aperta all’integrazione con modelli esterni. ChatGPT è il primo, in futuro – chissà – potremo vederne altri, come Gemini, Copilot e via dicendo.
Perché Apple Intelligence non sbarca in Europa (per ora)
Quanto visto sopra, ci permette di capire meglio per quale motivo Apple Intelligence non sarà disponibile per tutti. Non da subito, insomma. A delimitare i confini della diffusione della piattaforma di Ai di Cupertino ci sono innanzitutto i problemi legati ai requisiti di potenza. Al momento del debutto, previsto per il prossimo autunno in beta, Apple Intelligence sarà infatti utilizzabile solo da chi ha acquistato i dispositivi più potenti, ovvero sui freschissimi iPhone 16, sugli iPhone con processore A17 Pro (quindi iPhone 15 Pro e iPhone 15 Pro Max) e su tutti i Mac e iPad con processore M1/M.
Ci sono poi confini di natura linguistica. Al debutto, ha spiegato la società americana, Apple Intelligence sarà disponibile in inglese negli Stati Uniti e in altri paesi anglofoni (Australia, Canada, Nuova Zelanda, Sud Africa e Regno Unito), mentre nel 2025 sarà la volta di cinese, giapponese, francese e spagnolo. Dell’italiano, per il momento, non c’è traccia.
Ma l’aspetto più complesso, e forse controverso, è quello che riguarda la normativa comunitaria. In Europa, vige una legge – il cosiddetto Digital Markets Act (DMA) - che impone alle aziende di tech di grosse dimensioni, ovvero quelle con più di 45 milioni di utenti attivi al mese e fatturati da almeno 7,5 miliardi di euro negli ultimi tre esercizi finanziari, di garantire alcuni principi fondamentali, ad esempio l’interoperabilità. In pratica: il Vecchio Continente chiede ad Apple e agli altri giganti tech di favorire la compatibilità tra sistemi e piattaforme di aziende diverse, rendendo di fatto disponibili i propri servizi anche al di fuori dei propri confini, un aspetto che di fatto collide con la strategia di Cupertino, che – come abbiamo visto – ha sviluppato un ecosistema pensato per funzionare solo sui propri dispositivi.
La risposta di Apple alle richieste dell’Europa è racchiusa in questa dichiarazione ufficiale rilasciata a The Verge lo scorso mese di giugno
[...] Apple ha presentato centinaia di nuove funzionalità che siamo entusiasti di offrire ai nostri utenti in tutto il mondo. Siamo fortemente motivati a rendere queste tecnologie accessibili a tutti gli utenti. Tuttavia, a causa delle incertezze normative causate dal Digital Markets Act (DMA), non crediamo che saremo in grado di implementare tre di queste funzionalità – iPhone Mirroring, miglioramenti alla condivisione dello schermo SharePlay e Apple Intelligence – nella nostra UE. Nello specifico, temiamo che i requisiti di interoperabilità del DMA possano costringerci a compromettere l'integrità dei nostri prodotti in modi che mettono a rischio la privacy degli utenti e la sicurezza dei dati. Ci impegniamo a collaborare con la Commissione Europea nel tentativo di trovare una soluzione che ci consenta di fornire queste funzionalità ai nostri clienti dell'UE senza compromettere la loro sicurezza.
Fred Sainz, spokeperson Apple
Se, come e quando verrà trovata la soluzione non è ancora dato sapere. La questione, come si vede, va ben al di là dei meri aspetti tecnologici ma investe anche temi strategici e di posizionamento concorrenziale. Serviranno colloqui fra le parti e, presumibilmente, un compromesso. Quel che si può dire per certo è che agli utenti Apple italiani ed europei al momento resta interdetta una delle funzioni più promettenti del futuro digitale.