Giornata mondiale degli Oceani 2023: tra speranze e problemi

L’oceano produce almeno il 50% dell’ossigeno del pianeta e ospita la maggior parte della biodiversità terrestre, proteggerlo è un dovere

di Gabriele Arestivo - 09/06/2023 16:50

Nelle scorse ore si sono conclusi i lavori della Giornata Mondiale degli Oceani 2023, occasione perfetta per fare il punto sulle principali problematiche che attanagliano i nostri mari. "Le maree stanno cambiando", questo lo slogan della kermesse organizzata dall'ONU a cui ha parlato anche il Segretario Generale Antonio Guterres.

Le emergenze sono molteplici ed è per questo che alla COP15 dello scorso dicembre i partner che hanno sottoscritto la Convenzione sulla Biodiversità hanno stabilito l'obiettivo di mettere sotto protezione speciale il 30% del pianeta entro il 2030, aree marine comprese. Tra le principali sofferenze dei nostri mari discusse in questa occasione ci sono tematiche note come quello della plastica, ma anche nuove pericolose tendenze.

La sovrapesca 

Secondo il WWF ogni persona mangia in media 19,2 kg di pesce all’anno, il doppio di 50 anni fa. Ma su 93 milioni di tonnellate di pescato, il 41% è di bycatch. Con questo termine ci si riferisce allo “scarto” del pescato che comprende anche tartarughe, delfini, squali e altre specie protette che accidentalmente finiscono nelle in reti e trappole. 

Il Deep Sea Mining

Crescono le estrazioni minerarie in mare aperto, soprattutto in acque internazionali nei pressi di faglie tettoniche dove si trovano concentrazioni di noduli polimetallici composti da cobalto, manganese, nichel e altri elementi. Tra i danni possibili all’ecosistema marino ci sono le vibrazioni, l’impatto da rumore, e il sollevamento di nubi di sedimenti. Gli studi sulle conseguenze del Deep Sea Mining sono purtroppo pochi ma l'impatto ecologico è già riconosciuto in alcune pubblicazioni. 

La plastica, onnipresente

Secondo la IUCN sono 14 milioni le tonnellate di plastica immesse negli oceani ogni anno, ovvero l’80% di tutti i rifiuti marini in superficie e nelle profondità. A causa di correnti, raggi UV e agenti atmosferici, la plastica si frammenta in piccolissime particelle chiamate microplastiche (>5 mm) e nanoplastiche (>100 nm). La fauna marina soffre sempre di più il fenomeno e tracce di frammenti di plastica sono ormai presenti anche nel nostro sangue.  Secondo uno studio ripreso da scienzainrete si parla di "1,6 µg (microgrammi) per ml di sangue, equivalente a un cucchiaino di plastica ogni mille litri d’acqua".