Una birra prodotta con acqua reflua depurata per sensibilizzare l'opinione pubblica

Una società di riciclo ha utilizzato le acque di scarico purificate di un grattacielo di San Francisco per produrre, insieme a un birrificio locale, una birra "speciale" (che non può essere venduta)

di Greta Rosa - 11/10/2023 07:30

Immaginiamo se l'acqua di scarico di casa, quella con cui abbiamo fatto la doccia, lavato i piatti e vestiti, venisse filtrata, depurata e diventasse... birra. Non si tratta di uno scherzo ma di una bevanda in carne e "luppolo" prodotta per sensibilizzare l'opinione pubblica sul potenziale non sfruttato dell'acqua depurata. E, chiaramente, per dissetare.

L'idea è di Epic Cleantec, società statunitense specializzata in soluzioni sostenibili di riutilizzo dell'acqua, che abitualmente opera in un grattacielo di 40 piani e 550 appartamenti di San Francisco. Lì i suoi operatori trattano e purificano le acque reflue del condominio, restituendole agli abitanti affinché possano essere riutilizzate negli impianti igienici dei gabinetti o nei sistemi di irrigazione. Per dimostrare la potabilità dell'acqua depurata, che lo Stato della California non permette di bere, la società ha stretto una collaborazione con il birrificio Devil's Kanyon. Dall'unione è nata la birra Epic OneWater Brew, prodotta in più di 7.000 esemplari. La birra non può essere commercializzata per il suddetto motivo, ma è stata distribuita gratuitamente in occasione della settimana del clima a New York. A quanto pare, avrebbe un sapore gustoso, molto simile a quello di una birra tradizionale. 

L'acqua depurata rimane inutilizzata

Il tema del non riutilizzo dell'acqua depurata affligge molti Paesi, nonostante le gravi condizioni di siccità vissute nell'ultimo periodo. Secondo il report "Water Economy in Italy", in Italia il 95% dell'acqua rigenerata non viene bevuta, né utilizzata per l'agricoltura, l'industria o nelle città. Al contrario, viene buttata in mare. In Europa, si legge su Repubblica.it, viene trattato l’80% di acque utilizzate, ma si stima che il loro riutilizzo sia fermo al 19%.